Stiamo vivendo da fine febbraio 2020 in tempi di “coronavirus”, un periodo che ci appare sospeso, in cui l’intera popolazione è chiamata a non uscire dal proprio domicilio per evitare quanto più possibile il contagio. Quasi quotidianamente il Governo e le nostre Regioni, impartiscono nuove prescrizioni con l’unico obiettivo di limitare sempre di più la possibilità di contagi tra esseri umani al fine di tutelare il supremo valore della “salute individuale e pubblica”.

Prima nelle regioni cd “rosse” (tra cui l’Emilia-Romagna), ed ora in tutto il Paese, ogni spostamento dal proprio domicilio è assolutamente vietato con eccezione di motivi di lavoro, sanitari ed urgenze indifferibili (tali regole non si applicano ovviamente ai soggetti positivi al COVID-19 i quali se non ricoverati hanno l’obbligo tassativo di auto-isolamento per almeno 14 giorni).

Chi intende spostarsi da casa può farlo solo in presenza di una delle ragioni sopra indicate e se fermato dalle Forze dell’ordine potrà darne dimostrazione sottoscrivendo una autocertificazione (scaricabile qui) in cui attesta di ricadere in una di tali condizioni.

Tuttavia, la questione nella prassi quotidiana appare molto più problematica.

Esistono infatti una serie di comportamenti in cui non rientrano tra le esigenze sopra indicate ma che di fatto, tramite circolari interpretative, in alcuni casi vengono tollerati in altri no.

Si pensi ad esempio all’attività motoria (corsa, bici…), prima tollerata a macchia di leopardo se fatta in solitaria e mantenendo la distanza di sicurezza, poi definitivamente vietata con regolamento regionale Emilia-Romagna del 18/3/2020.

Per tali ragioni è bene essere sempre particolarmente aggiornati sulle più recenti prescrizioni siccome l’interessato può incappare in una serie non indifferente di conseguenze di rilevanza penale, idonee quindi ad instaurare un procedimento penale a suo carico:

  1. La violazione dell’art. 650 c.p. (Inosservanza dei provvedimenti dell’autorità): nel caso in cui il soggetto avesse lasciato la propria abitazione senza alcun valido motivo tra quelli richiamati.  Tale norma prevede la pena alternativa dell’arresto fino a sei mesi o l’ammenda fino a 206 euro. Da ultimo tale ipotesi è stata tuttavia esclusa con il D.L. 19 del 25/3/2020 e la violazione ex art. 650 c.p. è stata sostituita con la sanzione amministrativa da € 400 ad € 3.000.
  2. La violazione dell’art. 495 c.p. (Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri) e dell’art. 483 c.p. (Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico): nel caso in cui il soggetto dichiari falsamente al Pubblico Ufficiale i propri dati o di ricadere in una delle condizioni per le quali sono ammessi spostamenti fuori dal domicilio. L’Art. 495 c.p. prevede la pena della reclusione da uno a sei anni mentre l’art. 483 la pena della reclusione sino a 2 anni (nelle fattispecie non aggravate).
  3. Qualora invece il soggetto sia consapevole della propria positività al virus e non resti in isolamento circolando liberamente, egli mette deliberatamente a repentaglio la salute e la vita degli altri consociati e può rischiare un accusa per il reato di lesioni colpose, tentato omicidio volontario o quello gravissimo di epidemia (colposa o dolosa) di cui all’art. 452 c.p. e 438  c.p. oltre al reato ex art. 260 RD 1265/1934.

Nel raccomandare il più assoluto rispetto delle norme sopra ricordate, lo Studio è a vostra disposizione per offrire chiarimenti in merito ai comportamenti da seguire e ai limiti da rispettare in questo surreale, unico e delicatissimo periodo storico.

E’ altresì a vostra disposizione per garantire un’adeguata assistenza legale qualora venga contestata una delle violazioni sopra indicate o altre disposizioni di legge.

Per un maggiore approfondimento sull’argomento si consiglia la lettura dell’articolo raggiungibili a questo link.

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Lo Studio Gandolfi Colleoni Machirelli Regoli

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